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La sindrome del tendine d’Achille PDF Stampa E-mail
Scritto da prof. Rosario Bellia   
Lunedì 01 Marzo 2010 20:50

 

La tendinite è sempre dietro l’angolo è meglio prevenirla.

 A cura : prof. Rosario Bellia

 Docente di taping kinesiologico® presso Università  Statale di Valencia (Spagna)

  Fisioterapista della  nazionale  italiana della F.I.H.P.

 

 

 

 

 

 Il tendine del tricipite surale capace di sopportare forze di trazione di 300 kg. E’ il tendine più potente dell’organismo, ma è mal vascolarizzato nella parte intermedia.La rottura del tendine d’Achille è caratteristica generalmente dei soggetti, sportivi e non, che negli anni hanno avuto molti episodi di tendipotapatia  per ipersollecitazione funzionale.Nello sportivo si manifesta a fine carriera a causa di alcuni fattori scatenanti:aumento di peso, scarsa idratazione (come dimostrato da uno studio giapponese), come causa iatrogena di cure antibiotiche, calzature non adeguate e quindi squilibrio nel carico podalico, intensificazione degli allenamenti dopo un periodo di riposo forzato, irrigidimento del tendine dopo trattamento infiltrativo cortisonico, ecc..Il tendine d’Achille, o anche detto tendine calcaneare, prende origine dalla fusione dell’aponeurosi dei muscoli gastrocnemio e soleo. E’ una struttura anatomica nastriforme, costituita da fibrille collagene, interposta tra il tricipite surale ed il calcagno ed è deputato alla trasmissione degli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione muscolare del polpaccio al segmento scheletrico, realizzando un movimento articolare di fondamentale importanza : la spinta del piede. Oltre a questo compito fondamentale, esercita una funzione tampone nei confronti della contrazione muscolare volontaria e/o involontaria massimale.La rottura del tendine d’Achille è la più comune di tutte le rotture tendinee sottocutanee. Infatti, se è vero che in alcune casistiche meno recenti le rotture dell’achilleo non figurano al primo posto in ordine di frequenza, è da considerare che negli ultimi decenni questa lesione è divenuta di osservazione sempre più frequente, soprattutto nei soggetti dediti allo sport.

 

 

 La rottura di questo tendine non interessa solamente l’ambito sportivo, ma viene evidenziata anche in soggetti anziani, che non svolgono attività sportive, ma che presentano alterazioni dismetaboliche ed infiammatorie in questo distretto.La rottura del tendine d’Achille colpisce maggiormente soggetti di sesso maschile, in un’età compresa tra i 25 e i 50 anni; i valori più bassi si riscontrano negli sportivi mentre dopo i 60 anni la lesione è piuttosto rara.Questa lesione viene riscontrata in percentuali maggiori al lato sinistro (57%) rispetto al lato destro (43%); tali dati sono in accordo con quanto rilevato da uno studio effettuato da Riede su una popolazione di circa 500 studenti, nel 58% dei quali l’arto sinistro era quello dominante nella spinta del piede contro il suolo. Le lesioni bilaterali contemporanee sono estremamente rare.

 

 

Eziopatogenesi della lesione

Le lesioni tendinee possono essere classificate, a seconda della loro eziologia, in traumatiche, microtraumatiche e su base dismetabolica e/o infiammatoria.

Le tendinopatie micro-traumatiche del tendine d’Achille sono anche definite lesioni da sovraccarico funzionale, in grado di determinare la patologia con un meccanismo diretto e uno indiretto. Questo tipo di lesioni può portare alla

rottura del tendine d’Achille, che rappresenta comunque, l’episodio acuto conseguente ad un processo degenerativo (tendinosi) il quale  talvolta in modo quasi del tutto asintomatico, o preceduto e accompagnato da episodi di infiammazione dolorosa della guaina e coinvolgendo in maniera più o meno estesa la compagine tendinea, ne determina una diminuzione della resistenza meccanica, che può essere superata da un’improvvisa sollecitazione anche non eccessiva.I fattori che possono provocare patologie da sovraccarico nei tendini (e in molti casi anche nei muscoli), del collo piede e del piede si possono genericamente dividere in intrinseci ed estrinseci ed agiscono in percentuale variabile da soggetto a soggetto.Per quanto riguarda i fattori intrinseci sono essenzialmente:

a)  la variabilità anatomica, con conseguente alterazione più o meno marcata della normale biomeccanica del cammino o del gesto atletico, il che sottopone il collo piede e piede ad uno stress anormale;

b)  le malattie dismetaboliche, che possono favorire reazioni flogistiche locali, nonché provocare l’alterazione della composizione del normale tessuto tendineo fino a determinare un più precoce invecchiamento;

c)  ultimo fattore, ma non meno importante, l’età dell’individuo e gli anni di attività agonistica.

  Infatti, l’invecchiamento del tessuto tendineo provoca un rallentamento metabolico del collagene tissutale con una diminuzione graduale del rapporto cellule-matrice a favore di quest’ultima, una diminuzione del contenuto idrico delle fibre elastiche, dei proteoglicani e glicoproteine. Scompare inoltre la linea blu, presente a livello giunzionale osteo-tendineo, che svolge un’importante azione modulatrice ed ammortizzante nei confronti delle sollecitazioni meccaniche.Per quanto riguarda l’alterazione della biomeccanica, uno dei problemi principali è l’iperpronazione del collo piede e del piede durante la corsa, che ha un’azione di frustata, come la corda di un arco, sul tendine d’Achille, con conseguente alta frequenza di tendiniti.Per quanto riguarda i fattori estrinseci, essi diventano spesso determinanti nell’instaurazione della tendinopatia da sovraccarico al collo piede e piede.

Si distinguono principalmente tre fattori:

1)                l’allenamento incongruo

2)                i terreni di gara o di allenamento

3)                la calzatura

 

Da studi recenti, effettuati su osservazioni di Cummins, Christensen ha elaborato la teoria delle variazioni anatomiche individuali, secondo cui le fibre dell’achilleo provenienti rispettivamente dal gastrocnemio e dal soleo, man mano che discendono verso il calcagno subiscono un certo grado di rotazione reciproca, di entità variabile nei diversi soggetti. Secondo Christensen, durante determinati movimenti, quali si verificano tipicamente nella corsa e nel salto, si può verificare una sorta di sfregamento a sega tra i due gruppi di fibre, in relazione alle variazioni individuali del grado di torsione reciproca di queste ultime, e alla mancanza di una perfetta coordinazione muscolare, come si verifica più facilmente in condizioni di scarso allenamento. In realtà, la possibilità di un danneggiamento reciproco delle fibre tendinee non è stata mai dimostrata, restando soltanto un’ipotesi suggestiva tesa a valorizzare il peso dei fattori individuali nella genesi della rottura.

Il ruolo etiologico svolto dalla cosiddetta “tendinite” sembra essere meno diretto di quanto si sia ritenuto in passato e di quanto lascerebbe supporre la frequenza relativamente elevata, circa il 30%, con cui questa affezione compare nell’anamnesi dei soggetti che vanno incontro ad una rottura dell’achilleo.

 

 

Prevenzione

a)             variare i percorsi e le superfici d’ allenamento

b)             non sottovalutare anche un lieve sintomo al tendine d’Achille

c)              scegliere con la massima cura e precisione le calzature, e quando si cambia marca: usare la nuova scarpa gradualmente nel tempo e non subito per tutto l’allenamento

d)             fare almeno una volta all’anno una barostabilometria per valutare la simmetria di carico podalico

e)             dopo un periodo di riposo o dopo rientro per infortunio, aumentare in modo graduale il carico allenante

f)                dopo un infortunio agli arti inferiori avere molta cura alla tecnica di corsa per evitare asimmetrie di carico

g)             se siete reduci da cure antibiotiche tenere presente che queste sostanze possono favorire le tendiniti

h)             curare in modo scrupoloso l’idratazione generale

specie durante il periodo agonistico, lo scorrimento del tendine dentro la guaina è fisiologico se l’idratazione è adeguata

i)                il taping kinesiologico® è un valido aiuto sia in fase agonistica che riabilitativa

j)                eseguire in modo regolare dopo ogni seduta d’allenamento lo stretching specifico

k)             sottoporsi a sedute di massaggio defaticante periodiche nel periodo agonistico o di carico

l)                fare dei piediluvi con preparati decongestionanti adatti

 

Un caro saluto a tutti gli appassionati,

prof. Rosario Bellia

www.kinesiobellia.wordpress.com

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento Sabato 19 Febbraio 2011 09:49