Pietro Balistreri, la corsa e l'amore dall'Aspra agli Stati Uniti d'America Stampa
Scritto da SERGIO GIUNTINI E PINO CLEMENTE   
Giovedì 17 Dicembre 2009 08:19

corrisicilia Presentiamo in anteprima una pagina della Storia dell’atletica siciliana, di Sergio Giuntini e Pino Clemente, un’opera che sarà pubblicata nei primi mesi del 2010 ed è destinato ad un successo annunciato, come si può desumere da questo spaccato, estratto dai 12 capitoli.

In questi brani il protagonista principale e Pietro Balistreri “l’infocato” Vigile nativo di Aspra dove ha vissuto la sua tormentata giovinezza, incontrando fra gli altri Renato Guttuso. Il sogno svanito di Balistreri: affidare le sue memorie all’estro cinematografico di Peppuccio Tornatore che lo avrebbe  potuto aggregare, come personaggio sportivo è fascista convinto, in Barìa

Capitolo IV
Pietro Balistreri, la corsa e l’amore
dall’Aspra agli Stati Uniti d’America

All’Aspra, dove si estendono nella marina gli sfarzi tramontati delle ville settecentesche di Bagheria, Pietro Balistreri delle lunghe corse è venerato come un benefattore. Il premiato, anche per le sue invenzioni brevettate nel Columbus Day, ha interposto i suoi disinteressati uffici per aprire la carriera nei Vigili del Fuoco ai compaesani meritevoli. I Balistreri all’anagrafe della frazione Aspra sono più di centoquaranta. Masino Ticali, il professore della maratona, che ebbe il piacere di essere dall’anziano  Pietro avvicinato, durante una corsa podistica a Bagheria nel 1977 i incuriosì con una telefonata: «Gira tra i vecchi pescatori un cuntu d’amore e di coltello». Nei bar, nei circoli e nei bagli si vocifera di un amore contrastato del campione, dagli anni ’20 al dopoguerra. Prima di violare il privato di Pietro (dal 2000 non è più tra noi), ho rintracciato a Roma il figlio che cordialmente ha risposto alle mie domande e mi ha inviato due libri, in versi naif, firmati Pietro Balistreri. La Grande Divina Commedia, un viaggio nella macchina del tempo da lui inventata che comincia quando la terra era sommersa dal mare e si conclude con un incontro ravvicinato del terzo tipo. «Chi dopo il 2000 lascia il pianeta Terra raggiunge un pianeta dove la vita esiste sempre giovane».

Una sceneggiata una telenovela è il cuore di Balistreri messo a nudo nel racconto di un amore senza tempo. La fantasia sbrigliata sì mescola con fatti e personaggi reali: da Benito Mussolini, al cardinale Ernesto Ruffini, al marchese di Sant’Isidoro, al colonnello Charles Poletti, a Filippo Carmeni, a Peppino Tiano. C’è tanto podismo, ingenuamente autocelebrativo, e c’è lo spaccato di un’epoca, quando il matrimonio combinato era la premessa di una tragedia. Entrambi i libri sono editi da Guardamagna (Varzi P.V.).

balistreri libroPietro è figlio di pescatori e si confonde con il mare, ma, come i suoi coetanei “asprigni”, non si confonde se il mare gonfia le sue onde a Forza 7. Nel canto dell’Ave Maria, «Aspra sembra una nave»…«Il sole era lucente. I pescatori rimagliavano la rete. Strappata dai delfini». Sono versi di Balistreri che riaffermano il destino marinaro della borgata. La salatura del pescato è stata ed è una fonte di reddito, da condividere con la vicina Porticello. L’acre odore si diffonde a zaffate nei pressi delle aziende, tra le quali quella di Michelangelo Girolamo Balistreri titolare di una ditta di lavorazione delle acciughe e fondatore del Museo delle tradizioni marinare: foto, attrezzi, raccolta di canti e filastrocche, tradotti in russo ed in tedesco. Anche il giovane Balistreri lavorò da “pirriaturi” estraendo le pietre da trasportare a Palermo per le costruzioni e da  “saurrierre” che vendeva la sabbia per l’edilizia e come zavorra per l’ancoraggio delle barche a vela dei palermitani abbienti.

Giuseppe Balistreri, fratello maggiore di Pietro, salva da morte certa l’amico Renato Guttuso che teneva casa e bottega nella borgata. Chissà! Forse per un subconscio sdebitamento Guttuso “regalerà” alla Madrice il quadro con I Dodici Apostoli, raffigurati sui volti cotti dal sole dei pescatori. Pietro tredicenne per un breve periodo porta i pennelli a Guttuso, che dipingeva anche in smoking per non perdere l’ispirazione. Guttuso scopre le doti podistiche del ragazzo che correva dalla mattina alla sera. Dagli schermi e dai grammofoni arieggia una canzone di Totò: «Cresce e matura il grano, cresce la gioventù, crescono pure gli anni, baffetti all’in su. Quando hai vent’anni ti ci vuole la mogliera». Pietro, occhi cerulei da incantafemmine, è fulminato da Maria “fissiusa” dagli occhi verdi che lo avvince «col tuo bacio incollato, col flusso del mare». L’incanto dura poco perché Maria è promessa ad un pretendente “impicciulato” e, benché continui a vedersi “ammucciuni” con Pietro, dopo pochi mesi convola ad ingiuste nozze. Pietro si consola in parte con il podismo ed è ingaggiato dal marchese di Cordova come giovane tuttofare. La villa dei Cordova di Sant’Isidoro domina ancora dalla sua dimora alberata il disordine delle villette sino alla casa madre del municipio di Aspra, ad un passo dal mare. In un lato del nobile cancello, dove si staglia lo stemma dei Cordova c’è un’ordinaria cassetta postale (De Cordova, arch. Rini, Alioto, M.C. Balistreri). Gli eredi del marchese si sono aperti alla socialità ed alla custodia degli anziani e dei più deboli.clemente

Il corridore di Aspra diventa il personal trainer della marchesina. Anche questo lavoro ben remunerato è interrotto bruscamente dai mali discorsi dei nemici di Pietro.
Il podista si iscrive al corso dei Vigili del Fuoco dove, alla caserma di via Scarlatti a Palermo, è allenato dal Professore Filippo Carmeni. I suoi piedi corrono di vittoria in vittoria, ed è convocato al Centro Sportivo dei Vigili di Roma dove trova occasione per contestare il Gran Maresciallo Peppino Tiano che voleva “mutarlo” in saltatore in lungo.

L’Italia comincia a ricostruire dalle macerie del dopoguerra. Il vigile del fuoco di Aspra è inviato per servizio a Montemaggiore. Tra i vicoli dissestati emerge una ragazza che porta una brocca d’acqua. Pietro l’avvicina perché il caldo è cocente. È Maria ancora più bella e mal maritata. Stavolta l’amore s’incarna in una bimba, di cui il marito di Maria crede di essere il padre. Quando Pietro reclama il suo diritto di padre vero, finisce a coltellate che non sono state la causa del decesso del marito di Maria. Balistreri si riprende la figlia che vivrà con lui a Roma, ma il suo amore per Maria si estenderà, nel racconto, oltre i confini del tempo in un afflato di spiritualità. Come non dar voce a “cumpari” Turiddu «si moru mi ni vaiu ‘nparadisu, ma si nun viu a tia mancu ci trasu». Il riferimento a Maria e il “nun” è il nostro.
Il romanzo in versi si conclude: «Adesso voglio un giudizio del popolo di Aspra».

Pino Clemente

I campioni del dopoguerra

Nel 1949 ripartivano o partivano per la prima volta tre impegnativi tour: spot che toccavano la Sicilia da un capo all’altro: il 20 marzo il Nono Giro automobilistico; dal 29 al 31 luglio il Primo Giro aereo; dal 30 ottobre al 6 novembre Settimo Giro ciclistico. È questo desiderio di tornare rapidamente a un clima sereno, conviveva con la fame, la povertà diffusa, sopportate con grande digni­tà; coesisteva con i viaggi interminabili in terza classe su treni fantasma, sco­modissimi e lentissimi. Si tornava ad attraversare lo Stretto ma non più per andar a combattere e morire, bensì per riprendere ad immigrare o, nel caso migliore, gareggiare sul prato verde d’una corsa campestre con gli altri giovani di un'Italia finalmente libera e democratica.

La mini-epopea di Candido Cannavò, discreto mezzofondista del CUS Catania, emerso a vent’anni con un 35'35"6 sui 10.000 metri 1950 e finito secondo sui 5.000, in 16'37"4, battuto dal piemontese Eustacchi, nei Campionati nazionali universitari di Merano del 5 maggio è la medesima di tanti altri atleti siciliani di quel periodo. Di quelli usciti dal tunnel del fascismo e dei neofiti che si affac­ciavano allo sport in una realtà profondamente mutata. Tutti uniti dall’obiettivo comune di riprendere daccapo o iniziare le loro storie di velocisti, corridori resistenti, lanciatori, saltatori, ecc..., animati da un’unica, identica fiduciosa speranza nel domani.

foto libro

Tra i nomi d’una simile atletica leggera anch’essa vagamente – come il cinema e la letteratura d’allora –“neo-realista”, i primi che ripresero a risuonare nel solco d’una sostanziale continuità col passato furono quelli conosciuti di Gangi, del redivivo Di Mauro, dei Cannarella, Cultrone, Balistreri …Per quel che attiene a Pietro Balistreri (Vigili del Fuoco Palermo), nato nella borgata marina di Aspra a Bagheria il 5 marzo 1916, egli a cavallo degli anni ’40-’50 rappresentò la punta di diamante del mezzofondo e fondo in Sicilia. Un soggetto, forse più adatto per le corse su strada, che dell’umiltà e della generosità fece le armi vincenti. Sui 5.000 metri s’impose nei regionali di Catania, il 4 set­tembre 1948 (16'34"4), e più avanti in quelli del 1951 (16'47"4). Ma non saran­no di certo questi, i suoi successi “pistaioli” di maggior pregio. Il 25 settembre 1949, infatti, si classificò terzo negli Assoluti di Bari correndo la distanza, dietro Mario Nocco (15'41"2) e Ilario Zanatta (15'41"8), in 15'46"4. Un  terzo posto incamerato  soltanto ventiquattro ore dopo aver conquistato il titolo di Campione d’Italia sui 10.000. Nessun siciliano, prima di Balistreri, era mai riuscito a tanto tranne Cultrone in questa gara, e per realizzare il suo colpo d’ala il bagherese dovette esprimersi in 33'17"4, staccando Nicola Marrone (34'12"4) e Raffa (34'40"8). Un riscontro non trascendentale che migliorò nettamente a Milano, l’1 ottobre 1949, portandosi a 32'18"8 (terza prestazione italiana stagionale), mentre sui 5.000 stabilì il personale a Bari nel Gran Premio del Sud, il 14 otto­bre 1950, in 15'34"8 (sesto crono dell’anno).

Infine a Palermo, il 2 agosto 1949, Balistreri offrì un valido responso anche sull’Ora in pista, percorrendo 17.769 metri. Un’altra riprova delle sue spiccate attitudini per il fondo e la mezza maratona, corsa nella quale diede il meglio di sé in campo nazionale.Inoltre è stato campione nazionale assoluto di maratonina,  nel 1948 ha vinto il titolo a Pescara in1 ora 12’35”(20km) e nel 1949 a Palermo  in 1 ora 07’32”(20km)ha vestito la maglia azzurra della nazionale  nel 1949.

Sergio Giuntini

Ultimo aggiornamento Martedì 22 Novembre 2011 13:28