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Modica, una lunghissima dolce fatica PDF Stampa E-mail
Scritto da A.Passarello   
Mercoledì 02 Dicembre 2009 14:35

(29 agosto 1999)

Il messinese batte in volata il giapponese Sato, Goffi quinto e Caimmi decimo
All' Italia la Coppa del mondo a squadre
Modica, una lunghissima dolce fatica

Argento nella maratona dietro allo spagnolo Anton: "Mi ha sorpreso al rifornimento" "Non sono nella lista dei probabili olimpici ma ora spero proprio di aver guadagnato i Giochi di Sydney"

DAL NOSTRO INVIATO SIVIGLIA - C' è spazio, nel delirio, anche per noi. Il delirio iberico e le piccole - grandi gioie italiane. Quando Abel Anton entra nello stadio di Siviglia, atteso da 60 mila spettatori in totale ebollizione, e da vecchia volpe delle piste alza le braccia per ricevere il tributo dopo due ore e 13 minuti di tremenda fatica, c' è qualcuno che là dietro pensa di aver compiuto il suo dovere. Porta una canottiera bianca e azzurra. Bianca come il volto sfatto, appena incorniciato da una barba di tre giorni. Azzurra come il cielo della sua terra. Un omino piccolo e resistente: il prototipo dell' atleta che corre e corre senza fermarsi mai.

Si chiama Vincenzo Modica, però, lui, si fa chiamare Massimo: ha 28 anni ed è messinese di Mistretta. Mille metri di altezza, un posto buono - non facile - se vuoi imparare a correre. Lui ha imparato, e ora muove le gambe mulinando chilometri e denari. La corsa è anche la sua vita. Ma non soltanto questo: è soprattutto un esercizio di volontà. Si allena duramente senza pensare ad altro: agli ingaggi provvede la moglie Mariella, che gli fa da manager in un mondo in cui i manager sono lupi assatanati a caccia dell' ultimo dollaro. Massimo Vincenzo Modica è un esempio: terzo lo scorso anno agli Europei di Budapest, ultimo vagone del treno italiano formato da Baldini e Goffi, ha proiettato se stesso sul podio di Siviglia con una corsa da premio Nobel per la strategia. Che stesse bene, lo si era visto da subito: nella lenta, meditata fase di avvio; nell' accelerazione impressa dal gruppo al decimo chilometro; nelle fasi delicate della gara; nel sorpasso graduale sul giapponese Sato a un chilometro e mezzo dall' arrivo. In tutte queste circostanze il siciliano ha mantenuto una calma olimpica, sempre presente a se stesso. Una corsa lineare, la sua, totalmente differente da quella di Danilo Goffi, la nostra punta di diamante. Veniva dall' argento europeo, prima ancora dal quarto posto mondiale di due anni fa: è apparso troppo nervoso e si è fatalmente spento intorno al 35esimo chilometro. Ma non c' è spazio per i rimpianti: l' argento di Modica, il quinto posto di Goffi, il decimo di Daniele Caimmi consegnano all' Italia la Coppa del mondo, un trofeo che non è soltanto prestigio, ma il riconoscimento concreto di una scuola vincente. Battuti i giapponesi, battuti i sudafricani, battuti soprattutto gli spagnoli. Piegati a casa loro, nonostante il secondo titolo mondiale consecutivo di Abel Anton, il terzo di fila per la Spagna contando anche l' oro del 1995 conquistato da Martin Fiz. "Abel mi ha fregato - diceva Modica, ma senza astio -. Al rifornimento del 38esimo chilometro ha fatto finta di rallentare per bere ed e' scappato via. Un po' prima mi aveva chiesto di aiutarlo a riprendere Sato". Una beffa finita in un abbraccio: tra i maratoneti esiste ancora il fair - play. Adesso però si profila una grana. Se qualcuno non si muove, non vedremo Modica ai prossimi Giochi olimpici di Sydney, fra un anno esatto: se fosse per lui, ovvio, ci andrebbe, ma per ora non è inserito nella lista dei "probabili olimpici", una specie di Olimpo dove gli atleti stanno al calduccio dei contributi e dell' assistenza fornita dal nostro ente sportivo. Forse qualcuno si muoverà , adesso che Modica, un veterano, ha vinto la medaglia d' argento nella corsa dei veterani: Anton compirà 37 anni il 10 ottobre (negli anni ' 80 faceva le volate con Alberto Cova), mentre anche Nobuyuki Sato, giapponese, una vita di corsa senza mai una soddisfazione, a quasi 28 anni si e' preso un bronzo che pesa. E’ stata una maratona bella e possibile: si temevano problemi per il caldo, che c' è stato ma non ha stroncato nessun concorrente, fino a sfumare, all' arrivo, in una tranquillizzante situazione ambientale. Al marocchino Damaoui il premio coraggio per la fuga dal quarto al 27esimo chilometro; al sudafricano Gert Thys la palma per il break a metà gara che ha dato la scossa alla corsa; agli italiani in blocco (sono finiti tutti nei primi 25) l' applauso di chi crede ancora che fatica, sofferenza e umiltà siano l' unica benzina che fa andare lontano.

Claudio Colombo

(29 agosto 1999) - Corriere della Sera

Ultimo aggiornamento Venerdì 18 Dicembre 2009 17:51